Negli anni, grazie alle attività di Cantastorie, abbiamo conosciuto molte persone che abbiamo sempre chiamato affettuosamente “nonni” o “giovani da più tempo”. Le abbiamo conosciute in una fase particolare della loro vita, quella della terza età, e spesso ci siamo ritrovati a immaginare come fossero da giovani, in un tempo lontano dal nostro, farsi strada in quello che ai nostri occhi può sembrare un altro mondo. Come impiegassero il loro tempo libero, cosa facessero di mestiere, quali fossero le loro passioni e abitudini. Frequentando i nonni ogni settimana, abbiamo scoperto molte di queste cose su di loro, tra ricordi più o meno nitidi e racconti preziosissimi.
Abbiamo pensato di costruire con loro una rubrica online qui sul blog dell’associazione, e condividere questi racconti di vita con chiunque voglia leggerli, per imparare a conoscere meglio queste persone che chiamiamo nonni, e scoprire chi erano ieri e chi sono oggi, le loro storie e specialità, ma anche il loro presente.
Raccontare fa bene
In questa rubrica i nonni che frequentano le attività di Cantastorie raccontano se stessi e la propria vita, le esperienze che hanno fatto, oppure le passioni che li hanno ispirati in passato e che inseguono ancora oggi. Un viaggio nei ricordi e nella vita dei nostri nonni, per conoscerli meglio, imparare a condividere, fermarsi un attimo ad approfondire chi abbiamo davanti, e imparare ad ascoltare.
Con il laboratorio “I nonni raccontano”, che si svolge nell’ambito delle attività del progetto “Giovani da più Tempo”, gli anziani sono guidati in un percorso narrativo di sé stessi che stimola la memoria, l’espressività, e la capacità di relazionarsi con gli altri, combattendo atteggiamenti di marginalità e isolamento. I nonni che hanno più dimestichezza sono direttamente coinvolti anche nella scrittura al computer dei racconti dei loro compagni. 😊
La storia di oggi è quella di Loriana, che ha deciso di raccontarci il suo amore per la poesia e alcuni ricordi della sua infanzia trascorsa a Quarrata.
Loriana, la poesia e i ricordi d’infanzia
Prima a scuola era bello, avevamo un libro di lettura ed un sussidiario, un quaderno a righe e uno a quadretti. La scuola italiana era al primo posto in Europa e al secondo posto nel mondo… Qui a Quarrata c’era ogni anno il Concorso di Poesia, che stimolava le persone a partecipare, ma soprattutto ad esprimere i propri sentimenti e desideri. Questa per me è la poesia: arriva come un invito che esce dal cuore per esprimere la bellezza delle cose e trasmetterla a tutti.
Ogni Concorso per me era un’occasione, perché ho avuto l’opportunità di girare tutta l’Italia e vedere tanti posti belli.
Mi ricordo che quando ero giovane facevo molto volontariato sul territorio di Quarrata. Io provengo da Valenzatico ma poi con i miei genitori mi sono trasferita a Quarrata. Quando sono arrivata qui mi sono messa a fare come ho detto il volontariato, scrivere poesie e dipingere. Ricordo ancora la mia vecchia casa a Valenzatico che si trovava sotto il fiume Stella.
Quando ero piccola nel tempo libero facevamo insieme ad altri bambini tanti giochi: il girotondo, nascondino, campana, mosca cieca. Tutti questi giochi erano accompagnati da canzoncine. Non ne avevo uno preferito ma mi piacevano tutti allo stesso modo. Il gioco della campana per esempio quando si faceva nel prato si disegnava la forma della campana con un sasso e poi si giocava. Invece quando si doveva disegnare sul cemento usavamo i sassi colorati. Quando dovevamo fare la merenda non è come oggi che ci sono le pastine confezionate ma a noi facevano: pane ed olio oppure pane vino e zucchero ed era molto buono! Quando ero giovane non è che ci fossero tanti strumenti per divertirsi però usavamo tanto la fantasia e ci aiutava a creare giochi e divertirsi.
Un’altra cosa che mi ricordo di quando stavo a Valenzatico era andare sull’argine del fiume e tirare i sassi dentro oppure farci il bagno. La mia mamma quando andavo al fiume mi aveva insegnato a lavare i panni con il sapone stando in ginocchioni sulla pietra. Mentre s’era al fiume spesso pescavamo con i materiali che trovavamo e quello che si riusciva a prendere poi la sera lo portavamo ai nostri genitori che lo cucinavano per poi mangiarlo.
Ricordo che fin da piccola la mia mamma ci aveva insegnato a me e mia sorella a lavare i panni al fiume ma anche a ricamare perché dovevamo saper fare tutto e soprattutto trovare qualche lavoretto per poter guadagnare qualche soldo. Ricordo ancora, quando ricamavo si faceva il punto quadro per rifinire gli orli, poi usavamo il punto antico per fare il ricamo vero e proprio. Come erano belle le tovaglie fatte a mano, infine c’era il punto brillino che serviva per rifinire i bordi dei tessuti ricamati appunto con il punto antico. Io ne ho fatti tanti di ricami e li ho conservati tutti in un baule nella speranza di poterli usare un giorno quando mi sarei sposata. Purtroppo non mi sono mai sposata perché forse non ho mai trovato la persona giusta per me ed in più essere comandata come succedeva alle donne dei miei tempi non è che mi piacesse. In più mi piaceva essere libera ed indipendente. Ricordo che quando andavo a ballare e ballavo con un ragazzo ed al mio babbo non piaceva mi brontolava dicendomi che non ci dovevo più ballare ma poi interveniva la mamma brontolando il babbo perché era troppo severo e rigido.
NEL VENTO UNA BAMBINA
Entro cerchia di poggi era una strada
adagiata su fieni offerti al vento.
E una bambina
sola
pelle ambrata
nello stupore della primavera
che inserta voli a un’ansa di torrente
e a marciapiedi erosi mette l’ali.
Il vento la prendeva fra le braccia
sciogliendole ogni fiocco dai capelli
per regalarla a grappoli d’uccelli
o consegnarla al verde delle sponde
tra cui fuggiva
azzurra
la corrente.
Accesa di gerani una finestra
ancora attende torni una bambina
e lucciole richiama sulla soglia
un’altalena folle appesa al cielo
su cui rovescia notte lune e stelle.
Ma il cielo passa.
Corre sulla strada folla di nubi.
Resta la memoria.
E l’ombra scende tetti ad allungare
mani verso silenzio di cortili
scuri come lo sguardo di una donna
cui notte porta in sogno ancora
e ancora
strappata ai cigli l’ultima viola.
Quasi quel tempo possa ritornare
fantasmi d’aria ormeggiano alla porta.
Loriana Capecchi
AZZURRA NOSTALGIA
Mi ha derubato il tempo dell’infanzia
che sapeva di spigo e di lavanda
quando i prati gemmavan fiori e vento
e un velo di azzurri aquiloni destava
quel mio chiaro sognare senza tempo.
Dove fuggiti sono quei meriggi
lungo le strade bianche e polverose
lo stridere assolato i cicale
in braccio perdute al silenzio
nell’afa assopita sui campi di grano?
Dove si perse l’attesa del cuore
il riso e il pianto del mio primo amore?
E dove quel cantare nella sera
di voce che passava innamorata?
Eppure tornan l’erbe a Primavera
e un sogno ancora volteggia nel vento.
Ancora sul colle risale la luna
la sagoma bruna dei monti a svelare.
Ancora la notte dissemina stelle
e palpiti di lucciole nel buio
rapir vorrebbe ancor l’avida mano.
Ma solo in quei giorni lontani
la piccola luce nel pugno racchiusa
aveva lucore di cielo.
Di tutto mi resta soltanto
un’anima vestita di ricordi.
Loriana Capecchi
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