I nonni raccontano... » Pozzo di Giacobbe Onlus

I nonni raccontano…

Negli anni, grazie alle attività di Cantastorie, abbiamo conosciuto molte persone che abbiamo sempre chiamato affettuosamente “nonni” o “giovani da più tempo”. Le abbiamo conosciute in una fase particolare della loro vita, quella della terza età, e spesso ci siamo ritrovati a immaginare come fossero da giovani, in un tempo lontano dal nostro, farsi strada in quello che ai nostri occhi può sembrare un altro mondo. Come impiegassero il loro tempo libero, cosa facessero di mestiere, quali fossero le loro passioni e abitudini. Frequentando i nonni ogni settimana, abbiamo scoperto molte di queste cose su di loro, tra ricordi più o meno nitidi e racconti preziosissimi.

Abbiamo pensato di costruire con loro una rubrica online qui sul blog dell’associazione, e condividere questi racconti di vita con chiunque voglia leggerli, per imparare a conoscere meglio queste persone che chiamiamo nonni, e scoprire chi erano ieri e chi sono oggi, le loro storie e specialità, ma anche il loro presente.

In questa rubrica i nonni che frequentano le attività di Cantastorie raccontano se stessi e la propria vita, le esperienze che hanno fatto, oppure le passioni che li hanno ispirati in passato e che inseguono ancora oggi. Un viaggio nei ricordi e nella vita dei nostri nonni, per conoscerli meglio, imparare a condividere, fermarsi un attimo ad approfondire chi abbiamo davanti, e imparare ad ascoltare.

Con il laboratorio “I nonni raccontano”, che si svolge nell’ambito delle attività del progetto “Giovani da più Tempo”, gli anziani sono guidati in un percorso narrativo di sé stessi che stimola la memoria, l’espressività, e la capacità di relazionarsi con gli altri, combattendo atteggiamenti di marginalità e isolamento. I nonni che hanno più dimestichezza sono direttamente coinvolti anche nella scrittura al computer dei racconti dei loro compagni. 😊 

Il primo a raccontarci un pezzo della sua storia è Renato (nome di fantasia), che ha deciso di condividere con noi il mestiere di tappezziere che ha svolto per tutta la vita.

Il mestiere di Renato

Facendo il tappezziere in varie ditte di Quarrata sono arrivato alla pensione, sempre facendo questo mestiere. Questa è stata la mia vita.

Che scuola hai fatto prima di iniziare a lavorare?

Ho fatto la quinta elementare e poi ho iniziato a lavorare con i miei genitori. Facevano i contadini e io dovevo aiutare loro, però non si guadagnava niente e io mi volevo comprare la bicicletta. Avevo 14 anni e mi serviva la bicicletta per andare alla Ferruccia sul ponte dell’Ombrone dove c’era un po’ di ritrovo di ragazzine. Era l’unico mezzo di trasporto…e allora nella mia testa di ragazzino ho detto “Voglio andare a lavorare per guadagnarmi qualcosa di più”, insomma. Quindi sono entrato in tappezzeria e ci sono rimasto fino all’età della pensione.

Qual è stata la prima ditta in cui hai lavorato?

I fratelli Martini. Poi la Cimot dove si facevano i divani letto, e poi a Calenzano. Quando avevo circa 30 anni mi sono messo per conto mio a fare il terzista…Il lavoro del momento era il capitonné, ma non tutti lo facevano perché era complicato…Poi niente, non è più andato di moda. Le cose sono cambiate, è andato di moda chi era più veloce a fare il lavoro; non si pensava più alla qualità ma alla quantità, anche se i divani erano più scadenti.

Era difficile fare il capitonné?

Eh, questa è la verità… per fare un capitonné ci voleva un giorno intero, tutto a bottoni con tante ore di lavoro. I divani fatti con questa tecnica avevano un valore incredibile ma venivano venduti a un prezzo diciamo stracciato, perché non valevano tutte le ore che ci si lavorava.

Dopo qualche anno poi sono venuti di moda i divani sfoderabili che si attaccavano e staccavano e via…a quel punto sono tornato operaio da una delle ditte più sane di quel tempo…

Smisi di lavorare come terzista un po’ per problemi di salute di mia moglie, e poi perché anch’io mi ammalai di bronchite asmatica. Con una ditta tua non puoi permetterti di fermare il lavoro se ti ammali, e io fino alle 10 di sera restavo nello stanzone se avevo preso l’impegno di finire un lavoro…

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